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Tre buoni motivi per bere (o non bere) il caffè

Posted by curiositybox su 11 settembre 2014

 

Quanti caffè bevete, tre al giorno? Di più? Ecco che cosa dovete sapere in base alle più recenti ricerche: per i denti, il sonno, la salute ci sono buone novità. Ma non per tutti.

 

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Pausa caffè? Quasi sempre una buona idea. Senza esagerare, però!

Il caffè, la bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua, è uno degli alimenti più studiati dalla scienza. È di pochi giorni fa la notizia che è stato sequenziato il genoma della pianta e tre recenti studi ci raccontano come, e perché, la pausa caffè al lavoro o prima di un pomeriggio di studio può essere (o meno) una buona idea.

10 cose che (forse) non sai sul caffè

1 – Il paese dove si consuma più caffè è la Finlandia, con 12 kg l’anno pro-capite. Mentre quello dove se ne consuma meno è Portorico, con 400 grammi di caffè per ogni persona.
L’Italia è solo al dodicesimo posto della classifica, con 5,9 kg di caffè pro-capite, dopo Svizzera, Canada, Danimarca, Austria, ecc… La media di consumo mondiale è di 1,3 kg all’anno per persona.

2 – La caffeina può uccidere. Ma bisogna bere tra le 80 e le 100 tazze di caffè in un tempo ristretto (circa 4 ore).

3 – Ci sono almeno 1000 di composti chimici nel caffè. Alcuni di essi sono continua fonte di scoperta per la scienza e potrebbero essere usati in futuro per curare malattie cardiache e insonnia. Ma secondo alcuni studi il caffè potrebbe contenere in dosi minime anche una ventina di sostanze cancerogene.

4 – Uno studio del 2008 dell’Università di Lund in Svezia ha dimostrato che bere caffè ridurrebbe il rischio di cancro al seno, almeno per le donne che hanno una variante relativamente comune del gene CYP1A2, che aiuta a metabolizzare estrogeni e caffè.
E nel 2011, la Harvard School of Public Health ha riferito di uno studio su 48.000 uomini, che bevendo sei o più tazze al giorno di caffè hanno ridotto del 60% il rischio del cancro alla prostata.
L’ultima notizia in ordine di tempo segnala il potere del caffè come "antidepressivo": sempre secondo l’Harvard School of Public Health, le persone che consumano dalle 2 alle 4 tazzine di caffè al giorno hanno il 50% di possibilità in meno di togliersi la vita rispetto alle altre.

5 – Intorno all’anno 1000 alcuni commercianti arabi portarono dai loro viaggi in Africa dei chicchi di caffè da cui traevano una bevanda eccitante per ebollizione che chiamavano qahwa ("eccitante"). Da qui alla parola turca kahve e all’italiano caffè il passo è stato breve. Ma c’è chi sostiene che il nome in realtà derivi da Caffa, regione dell’Etiopia dove cresce spontaneamente.
Il caffè si diffuse in Europa soltanto nel XVII secolo con il nome provvisorio di “vino d’Arabia”, per merito dei soliti mercanti veneziani, di casa a Istanbul (capitale dell’Impero ottomano).
Bollato dalla Chiesa come “bevanda del diavolo”, per le sue proprietà eccitanti, fu per anni (preparato “alla turca”, sciolto nell’acqua) una bevanda da taverna. Almeno fino all’alba del ’700, quando i caffè divennero luoghi di ritrovo frequentati da filosofi illuministi.

6 – Il Principe Carlo d’Inghilterra, appassionato di terapie mediche alternative, è un fervente sostenitore dei clisteri di caffè come cura anticancro (fanno parte della cosiddetta cura Gerson che prevede tra l’altro iniezioni di vitamine, ndr). Su Amazon si vende il kit per farli da sé.
Nella foto un fotogramma di un documentario su una donna di St. Petersburg, in Florida, che è diventata "dipendente" dai clisteri di caffè. Lei e il marito ne fanno anche 100 in un mese.

7 – Al compositore Johann Sebastian Bach il caffè piaceva così tanto da dedicargli una cantata: il Kaffeekantate, eseguita a Lipsia, in Germania, tra il 1732 e il 1735.

8 – Secondo uno studio dell’Università del Queensland, pubblicato sul Journal of Science and Medicine in Sport, 14 ciclisti che avevano assunto il caffè un’ora prima di una corsa guadagnavano il 2% in termini di velocità.

9 – Dipende in parte dalla miscela. Le due principali specie di caffè, la robusta e l’arabica non hanno le stesse caratteristiche organolettiche. La robusta può avere il doppio di caffeina dell’arabica (che è più pregiata, ma meno "forte"). E in parte dipende dalla tostatura (o torrefazione) del caffè, il processo di arrostimento.

10 – Esiste un’unica variante di caffè decaffeinato naturalmente: la Coffea charrieriana, originaria del Camerun. Il resto del caffè viene decaffeinato in modo artificiale. Ma in realtà è impossibile eliminare del tutto la caffeina. Secondo uno studio dell’Università della Florida, in 5/10 tazze di caffè decaffeinato si troverebbe lo stesso quantitativo di caffeina presente in una-due tazze di caffè. Dunque in media in una tazzina di decaffeinato ci sarebbe l’equivalente di un quinto o un decimo di quella contenuta in una tazzina di espresso normale. Prima dell’invenzione della moka, nel nostro Paese il caffè si preparava generalmente con caffettiere di tipo napoletano. Questi apparecchi, ancora oggi diffusi in alcune zone dell’Italia meridionale, sono costituiti da due recipienti posti l’uno sull’altro e separati da un filtro riempito di caffè. Quando l’acqua nel cilindro inferiore arriva all’ebollizione, la caffettiera viene tolta dal fuoco e girata. Così l’acqua, per gravità, passa attraverso il caffè macinato e ne estrae aromi ed essenze. Nella moka il processo di estrazione è analogo, ma più veloce. Infatti è il vapore surriscaldato a spingere velocemente l’acqua bollente attraverso il filtro. Così, in meno di un minuto, il caffè viene estratto e riversato nella parte superiore. Qual è il sistema migliore? Quello “napoletano”, perché il filtraggio è più lento e l’aroma del caffè è meno alterato dal contatto con l’acqua surriscaldata.

 

caffè+pisolino. La prima notizia è perfetta per chi ha l’abitudine di bere il caffè dopo il riposino pomeridiano. Sbagliato: il caffè va bevuto prima. Secondo diversi studi, tra i quali uno della Loughborough University (Regno Unito), la caffeina, contrariamente a quanto si crede, non ci impedisce di dormire, anzi, ci fa riposare meglio. Un caffè e un pisolino, insomma, sono il modo migliore per affrontare il resto della giornata. La spiegazione scientifica è questa: la caffeina inibisce l’adenosina, la sostanza chimica che provoca sonnolenza. L’effetto energizzante della caffeina, però, arriva dopo 20 minuti. Ecco dunque che per godere al meglio di questo effetto, è consigliabile bere il caffè prima del pisolino. Per svegliarsi dopo 20 minuti riposati, ricaricati e concentrati.

 

Denti più sani.  Che la caffeina macchi i denti, si sa. Ma adesso uno studio della Boston University Henry M. Goldman School of Dental Medicine, ci dice che ha un ruolo importante nella nostra salute dentale: gli antiossidanti contenuti nel caffè avrebbero effetti protettivi contro le malattie della bocca, aiutando nella riduzione del numero di perdita ossea parodontale. Gli scienziati sono arrivati a questa conclusione esaminando i dati di 1.152 pazienti di visite odontoiatriche iniziate nel 1968.

Pressione alta. Chi soffre di pressione alta dovrebbe scegliere il decaffeinato. O quantomeno non consumare più di tre tazzine al giorno. Contrariamente a quanto affermato da studi precedenti il caffè non abbasserebbe il rischio di diabete di tipo 2, anzi, lo aumenterebbe. Lo sostiene una ricerca italiana condotta presso l’Ospedale di San Daniele del Friuli di Udine, secondo la quale sarebbe a rischio chi soffre di ipertensione ed è "predisposto geneticamente".

Gli studiosi hanno sottoposto 639 bevitori di caffè ipertesi tra i 18 e i 45 anni al test del genotipo CYP1A2 (enzima che metabolizza la caffeina): il 42% ha metabolizzato velocemente la caffeina, il 58% l’ha invece metabolizzata lentamente e, in questi soggetti, è stato riscontrato un aumento di glucosio nel sangue. Nel corso di sei anni, al 24% dei soggetti è stata diagnosticata una forma di pre-diabete: chi assumeva da uno a tre caffè al giorno rischiava il 34% in più; chi ne assumeva di più, ed era lento metabolizzatore di caffeina, rischiava addirittura il 50%.

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Un colpo (magnetico) ci addormenterà

Posted by curiositybox su 11 febbraio 2008

di Roberto Venturini (copyright) fonte: Apogeonline

Un ricercatore italiano all’avanguardia nell’esplorazione della Stimolazione Magnetica Transcraniale scopre che un forte campo magnetico pare in grado di approfondire il sonno

 

Moltissime sono le persone che soffrono di disturbi del sonno, creando un florido mercato per prodotti e servizi destinati ad alleviare il problema. Se è notevole il numero delle persone che ricorrono a terapie d’urto basate sui farmaci, è in aumento il mercato per terapie più morbide, come le tecniche di rilassamento, yoga, meditazione e così via. All’orizzonte sta però profilandosi una nuova possibilità, basata sull’applicazione mirata di campi magnetici.

Da molti anni si sa che il nostro cervello funziona grazie a impulsi elettrici. E qualunque studente del liceo sa che dove passa una corrente elettrica c’è un campo magnetico. Esperimenti volti a usare elettricità e magnetismo per influenzare le funzioni vitali ne sono stati condotti a bizzeffe, a partire dalle famose cosce di rana del Galvani – datate 1771, in una gamma variante dal ridicolo alla truffa.

Negli ultimissimi anni, però, la ricerca ha acquisito connotati sempre più seri, e ha portato a scoperte e risultati interessanti. In effetti, la disciplina della Stimolazione Magnetica Transcraniale (TMS) appare essere uno dei campi più affascinanti delle neuroscienze. Grazie a apparati in grado di generare campi magnetici 40.000 volte più forti del campo magnetico terrestre e focalizzati in modo molto preciso, i ricercatori sono oggi in grado di influire su specifiche zone del cervello.
 

Un cervello in fuga, ma bello sveglio

Tra i cervelli che non dormono anche se in fuga dall’Italia, il professor Giulio Tonoli del Center for Sleep and Consciousness presso l’Università Wisconsin-Madison insieme al collega Marcello Massimini ha affrontato un arduo compito: capire perchè, concretamente, il sonno ci è necessario. Nel corso delle sue ricerche, ha trovato un modo di sfruttare la TMS per stimolare le onde cerebrali del sonno profondo. Un solo colpo di campo magnetico (ma nel punto giusto) ed ecco apparire le onde che il nostro cervello produce quando è profondamente addormentato in un sonno ristoratore.

Al momento il meccanismo è stato provato su volontari già addormentati: il TMS però rende più profondo il sonno, arricchendolo di onde lente, secondo quanto dichiaratomi da Tonoli. L’applicazione pratica del meccanismo sembra dunque essere ancora abbastanza lontana e rimane tutto da dimostrare che un eventuale sonno magnetico artificiale possa essere rigenerante come un sonno naturale (ovvio, quando c’è).

Fortunatamente per tutti gli insonni, la ricerca attualmente in corso all’università appare essere rigorosa e seria, ben lontana da tutta quella serie di tentativi di generare un sonno artificiale tecnologico che stati compiuti in passato – culminando nella famosissima bufala del “Sonno Russo” degli anni 60. Un misterioso apparato (apparentemente frutto della ricerca aerospaziale sovietica) dotato di elettrodi da applicare alle palpebre e all’orecchio e che alla pressione di un bottone avrebbe dovuto mandarci nel mondo dei sogni, in uno stupore elettrico di un’ora che valeva come un’intera notte di sonno.

Di certo non sarebbe male avere a disposizione un apparecchietto più compatto di quei mostri utilizzati oggi per il TMS. Uno scatolotto che con due elettrodi e un bottone potesse mandarci nel mondo dei sogni. Sarebbe un successo istantaneo non solo per gli insonni, ma per i viaggiatori aerei transatlantici, pendolari ferroviari e per tutti coloro che per amore di un partner melomane si fanno trascinare all’integrale dell’Anello dei Nibelunghi. Ci sarebbe da fare un sacco di soldi.

Bello ma probabilmente impossibile: per creare un campo magnetico tanto potente da passare il nostro cranio e mesmerizzare i nostri neuroni, ci vuole una fonte d’energia ben più potente di un paio di pile alcaline.
 

Una sana alternativa: i rimedi naturali

In attesa dell’arrivo dell’apparecchietto, non resta che cercare altri sistemi, se soffriamo d’insonnia. Inutile, ve lo dico subito, provare a magnetizzarsi con calamita in testa per cercare il sonno. Piuttosto, se credete nei cristalli, tentate con una ematite o una sodalite.

Io raccomando personalmente il più tradizionale dei sonniferi: cenare leggero e sostituire la sessione serale di televisione (o di Internet) con 2 ore di sesso appassionato. Il quale avrà come effetto collaterale non solo di farvi dormire profondo ma di farvi bruciare (se vi ci mettete d’impegno) qualche migliaio di calorie. Il che vi farà diventare più snelli e tonici, quindi più attraenti. E quindi più appetibili come oggetti sessuali. E vi trascinerà in un vortice che vi renderà dipendenti dal sesso e vi condurrà alla perdizione.

Oh, beh, di qualcosa si deve pur morire, no? E allora meglio di sesso che di insonnia…


Roberto Venturini è Digital Strategic Planner di ARC (gruppo Leo Burnett), giornalista e blogger. Tra i pionieri dell’Internet Marketing Italiano, padre di due figli, un blog e cinque gatti.

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